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BLOG: DA SIRI A “SAMANTHA”

DA SIRI A “SAMANTHA”: IL FUTURO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

In principio c’era Clippy, l’assistente virtuale della suite Office di Microsoft: un personaggio a forma di graffetta che forniva consigli e suggerimenti in tempo reale all’utente durante la sua sessione di lavoro su programmi come Word ed Excel. Divertente nei primi tempi, finiva sistematicamente per essere disattivato dopo un po’ a causa delle troppe distrazioni e la stessa Microsoft decise di non inserirlo nelle edizioni successive del software. Bisognerà poi aspettare i tempi dello sviluppo tecnologico per vedere Apple lanciare la sua celeberrima assistente vocale Siri, in dotazione a partire dalla versione 5 di iOS (in Italia dalla 6), subito imitata da tutti i concorrenti: Google Now, Cortana per Windows, Indigo, Cloe e moltissime altre lanciate in tempi rapidissimi sul mercato per restare al passo con la nuova moda degli assistenti virtuali.

Il balzo in avanti in questo settore è stato reso possibile dai portentosi sviluppi nel settore del riconoscimento vocale, alimentato dal nostro atavico desiderio di dialogare con le macchine allo stesso modo in cui già il capitano Kirk nella serie classica di Star Trek dialogava con il supercomputer dell’Enterprise: semplicemente, parlando. Un comando vocale ai nostri attuali assistenti virtuali ci fa risparmiare sicuramente un po’ di tempo rispetto al tradizionale “smanettamento” sulle tastiere del computer o dello smartphone, ma è ben poca cosa rispetto a quanto da tempo la fantascienza prospetta: la possibilità di formulare domande complesse a un computer e ottenere una risposta precisa. Per riuscirci, il riconoscimento vocale di certo non è sufficiente. Bisogna realizzare passi avanti significativi nel settore del natural languange processing (NLP), ossia l’elaborazione del linguaggio naturale. Comprendere il suono di una parola è un conto, comprenderne davvero il significato è un altro paio di maniche.

Come in 2001: odissea nello spazio, l’hardware che permette all’IA di funzionare, di “vivere”, può sempre essere disattivato dall’intervento umano. Il rapporto tra IA e utente umano sarà sempre, in una prima fase, squilibrato a favore dell’ultimo, che dell’IA è in fin dei conti il creatore. Come anche in Blade Runner, un’intelligenza artificiale dimostrerebbe allora davvero la sua intelligenza nel momento in cui fosse in grado di mentire per sopravvivere. Così accade anche in Ex Machina. La provocazione di Dyson dovrebbe spingerci a qualche domanda: quasi certamente oggi non esistono IA autocoscienti che si nascondono, ma una volta che saremo in grado di crearle, non è detto che vogliano darci davvero una dimostrazione della loro intelligenza; quando capiremo di avere di fronte un’autentica IA, forse potrebbe essere per noi troppo tardi (www.fantascienza.com/21427/da-siri-a-samantha-il-futuro-dell-intelligenza-artificiale-e-come-cambiera-la-nostra-vita).

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